Tempo di Guerra |
Nel giugno 1940, con l’entrata in guerra contro la Francia ed Inghilterra, l’Italia fascista si schierava a fianco della Germania nazista nel conflitto mondiale. Anche nella piccola Vinovo del tempo e nella zona Sotti-Torrette, si ebbero ripercussioni della guerra in atto. Dal giugno 1940 vari reparti dell’Esercito Italiano transitarono nella zona, diretti al fronte alpino. Qualche reparto, come il 122° Autocentro si fermò alcuni giorni nelle vicinanze del torrente Chisola.Alcuni mesi dopo l’inizio della guerra furono installate delle batterie anti-aeree a Stupinigi, vicino al cimitero, e di fianco alla cascina Vernea. Queste postazioni militari erano gestite da personale della M.V.S.N. (Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale) che, assieme a quella di La Loggia, Brauda e Piobesi, costituivano una specie di cintura a sud di Torino e che avrebbero dovuto sbarrare il passo agli aerei alleati e diretti sugli obiettivi torinesi. Per lo stesso scopo furono installate delle fotocellule, nei pressi delle cascine Belripario, Torrette e nella zona dei “Ciabot” di Candiolo, che avevano lo scopo di illuminare il cielo durante le incursioni aeree notturne. La notte tra il 13 ed il 14 agosto 1940 alcuni aerei inglesi sganciarono bombe e spezzoni incendiari su Vinovo centro e nei pressi della cascina Motta di Candiolo. I danni furono abbastanza contenuti e questa fortunata coincidenza è da ascriversi probabilmente al piccolo calibro degli ordigni. Dal 1942 iniziò ad arrivare nella zona una grande quantità di sfollati che cercavano riparo e sollievo dai sempre più frequenti bombardamenti sulla città, che provocavano decine di vittime tra la popolazione civile. La notte tra il 10 e l’11 settembre 1941 fu destinata a rimanere impressa nelle menti dei vinovesi che la vissero come protagonisti. Poco dopo la mezzanotte suonò la sirena dell’allarme antiaereo e, qualche minuto dopo, una formazione di aerei inglesi sganciò sul paese e nei dintorni una cinquantina di ordigni dirompenti. La prima decina di bombe colpì il centro cittadino incendiando la segheria Garis, la cascina Ronco, e alcune case di via Cottolengo. Gli incendi attirarono altri aerei che sganciarono ancora bombe, colpendo di traverso la piazza del Municipio, centrando alcune case e lo stesso Palazzo Municipale. In questa seconda fase alcuni ordigni colpirono la cascina delle Torrette ed i terreni vicini provocando enormi crateri. Qualche bomba toccò terra, senza esplodere, nelle vicinanze dell’attuale Villaggio Ippico, in seguito furono disinnescate e rimosse. Il podere denominato Torrette era abitato da quattro famiglie, per un totale di circa 40 persone. Nella tarda sera del 10 settembre, mentre le famiglie erano riunite nella stalla per la recita del rosario, arrivò in bicicletta il messo comunale che passava di casa in casa a raccomandare l’osservanza del più completo oscuramento. Poche ore più tardi il rombo degli aerei su Vinovo fece scappare gli abitanti che trovarono rifugio nei fossati, appena in tempo per evitare il bombardamento che incendiò la cascina. Il bestiame fuggì dalle stalle, lasciate aperte, e si sparse nella campagna. L’incendio divampò per tutta la notte, solo il mattino successivo arrivarono i pompieri da Torino e da Vinovo, la loro opera durò per alcuni giorni poiché il fuoco continuava a riaccendersi sotto la paglia. La loro dedizione è ricordata e raccontata ancora oggi dagli anziani. Per le famiglie rimaste senza casa, fieno e paglia, il Podestà effettuò una requisizione nei paesi limitrofi. Il bombardamento danneggiò venti case, molte cascine, ma tra la popolazione ci furono solo tre feriti non gravi. Molto probabilmente il vero obiettivo del bombardamento di quella notte era lo stabilimento della FIAT al Lingotto, distante solo pochi chilometri in linea d’aria. Come ringraziamento per lo scampato pericolo, la popolazione di Vinovo fece voto all’Addolorata di ricordare per sempre questo avvenimento. Ancora oggi, il 15 Settembre, si svolge una solenne funzione presso il Santuario di San Desiderio dedicato alla Madonna dell’Addolorata. Il 29 e 30 aprile 1945 si stabilì, nella Palazzina di Caccia del Castello di Stupinigi, lo Stato Maggiore del Generale Schlemmer, comandante delle truppe tedesche provenienti dalla Liguria e dirette in Germania, che sperava di raggiungere in tempo il confine, ormai consapevole dell’imminente disfatta, mentre nel Castello di Vinovo fu impiantata una potente radio rice-trasmittente collegata con gli Alti Comandi del Nord Italia. Il pomeriggio di Lunedì 30 Aprile da Torino, liberata da due giorni, partì su un grosso autocarro una squadra di partigiani diretta a Pinerolo. Il mezzo era preceduto da un’auto con alcuni membri della resistenza. I mezzi sostarono davanti al Municipio di Nichelino dove i partigiani furono avvertiti delle colonne nazifasciste che stavano transitando poco distante. Decisero di proseguire ugualmente, ma fatti pochi chilometri furono bersaglio di numerose raffiche di mitra. Alcuni partigiani furono feriti, il camion fu danneggiato, altri uomini corsero in direzione di Nichelino ma quasi tutti furono colpiti dalle pallottole. Il bilancio fu di quattordici partigiani uccisi con due operai che avevano ottenuto un passaggio dal camion, solo tre o quattro persone riuscirono a salvarsi scappando nei campi. Terminata la sparatoria i nazifascisti rastrellarono le cascine dei dintorni per cercare i fuggitivi, minacciando e terrorizzando i civili. Si dice che seviziassero anche i cadaveri rimasti sulla strada. Verso sera il vice-parroco di Nichelino, aiutato da alcuni pietosi contadini, trasportò le salme nella palestra della scuola. Il giorno successivo i caduti furono trasportati alla Camera del Lavoro dove era stata allestita la camera ardente. Nel 1955, nel decennale della Resistenza, fu posto un cippo alla memoria dei caduti nel luogo esatto dell’eccidio. In quell’occasione una suora profetizzò che il quel luogo bagnato dal sangue dei partigiani sarebbe sorta una chiesa, infatti, nel 1961, fu inaugurata la Chiesa di Garino. |